BENEAMATA POSTURA (Parte 2) - Tra chi le DA LA COLPA DI TUTTI I MALI e chi dice “LA POSTURA NON HA NIENTE A CHE FARE IL TUO DOLORE!”
- Agostino Ciusani
- 2 feb
- Tempo di lettura: 3 min
Aggiornamento: 3 feb
Perfetto, quindi abbiamo capito che la postura è l’abito che ci permette soddisfare dei bisogni svolgendo determinate funzioni e lo fa rispettando la legge del “non dolore” e dell’economia.
Per farlo tuttavia dovrà “torcersi”, modificarsi, trovare delle strategie di compenso!

Facciamo un esempio. C’è sempre il bisogno di spostare il tuo corpo di 20m, ma questa volta hai una caviglia slogata. Decidi allora di portare a termine il compito con una strategia diversa: spostare il peso sull’altra gamba e usare delle stampelle. Per soddisfare lo stesso bisogno, modificherai la tua postura (tieni il piede sollevato), utilizzerai un compenso (sposterai il tuo baricentro e userai le stampelle) per svolgere al meglio lo spostamento (funzione). Il tutto, di nuovo, cercando di sentire meno dolore e spendendo meno energia possibile.
Fino a quando il corpo ha a disposizione dei compensi, tutto sommato ce la caviamo. Ogni volta che ne usiamo uno però ne diminuisce il numero a disposizione (il vaso comincia a riempirsi) e l’energia a disposizione per soddisfare il nostro bisogno diventa sempre meno.
Nell’esempio dello spostamento di prima, aggiungiamo alla slogatura della caviglia un bel tunnel carpale che non consente l’uso delle stampelle. Di fronte a questo problema il corpo non sa più cosa fare: non può appoggiarsi bene a terra per il dolore alla caviglia e non può usare più le stampelle per il tunnel carpale. Se gli chiediamo di fare i 20m, dopo il primo passo, si blocca e si [. Quando emerge un dolore è proprio questa situazione.
Finché il corpo ha dei compensi a disposizione si torce silenziosamente, magari ci sentiamo un po' più legati, ma non abbiamo un sintomo vero e proprio. È quando abbiamo esaurito i compensi che per quella richiesta anche piccola una struttura va in scompenso e si accende il sintomo.
Cosa decidiamo dunque di fare di fronte ad un sintomo?
Possiamo trovare dei modi di silenziarlo (es: antidolorifico) oppure di dargli altri compensi (es: drenaggio e inibizione neurologica attraverso il massaggio/calore/trattamento manuale locale/applicazioni varie o potenziamento/allungamento locale). Possiamo aspettare che con il tempo il segnale di dolore venga soppresso dal sistema nervoso che stufo del rumore della sirena la spegne nonostante i ladri rimangano in casa. Oppure rischiare che tale dolore decida di stanziarsi a lungo (dolore cronico).
Alla luce di questa consapevolezza invece possiamo decidere di prenderci cura del corpo nella sua globalità, osservando che il sintomo è solo la goccia traboccata di un vaso troppo pieno, che ha bisogno di essere compreso e gradualmente svuotato.
Sarebbe doveroso poter giustificare e contestualizzare un sintomo: perché è emerso ora e lì (e non da un’altra parte).
Tradotto con parole un po' più “tecniche”, ogni volta che il corpo riceve, traduce e classifica una informazione come “informazione dolore” (conscio o inconscio), obbligatoriamente attuerà una strategia di compenso oculata e precisa “torcendosi” attraverso delle concatenazioni di movimenti (compensi).
Una volta saturata la capacità di compenso, basterà una minima richiesta per mandare in crisi il sistema. Ci sarà quindi una struttura che si troverà “incastrata” tra due concatenazioni di compensi e in quella condizione non potrà svolgere liberamente la sua funzione. Comincerà così a lamentarsi.
Un esempio molto semplice: un ginocchio che si trova tra una tibia che vuole ruotare esternamente (per compensare una distorsione di caviglia) e un femore che vuole ruotare interiormente (per compensare una caduta sul fianco) è un ginocchio “strizzato” tra due richieste funzionali in conflitto tra loro e alla ulteriore richiesta di sorreggerci nello scendere le scale può andare in crisi.
Oppure pensiamo ad un viscere come lo stomaco che si trova “tirato” in due direzioni diverse. Quando dovrà svolgere la sua funzione e quindi muoversi per rimescolare il cibo, potremmo sviluppare delle difficoltà digestive (gastrite/reflusso) causate da un conflitto meccanico.
Allora abbiamo capito che ogni dolore meccanico-correlato (cioè non dipendente da una patologia organica) che si manifesta senza una causa apparente è sempre il frutto di uno scompenso posturale.
In questo senso allora possiamo intendere che la “postura ha la colpa di tutti i mali”.
In che senso allora è anche vero che la postura non può centrare niente con il tuo male?!
dott. Agostino Ciusani
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